L’impoverimento del paessaggio in seguito alla perdita di importanti alberi monumentali ci rende autori di un cambiamento al quale non avremmo voluto assistere.
Negli ultimi anni siamo stati più volte impegnati nella rimozione di cedri (sia atlantica che deodara ma in particolar modo deodara) morti per cause non evidenti. Inizialmente si pensava a qualcosa di molto specifico tipo un battere, un parassita o un fungo. Questi possibili agenti non lasciavano però segni tali da considerarli causa evidente di morte dei vari esemplari.

Probabilmente la causa potrebbe essere strettamente correlata con il cambiamento climatico che si sta palesando sempre più nell’ultima decade. Stiamo vivendo estati estremamente roventi e siccitose accompagnate da inverni miti e con scarsissime precipitazioni soprattutto nevose, accompagnati da primavere ed autunni in cui le precipitazioni, spesso molto intense, si concentrano in periodi brevi.
Queste stagioni anomale, associate alla presenza di agenti patogeni, probabilmente hanno avuto un effetto deleterio su alcune specie di alberi ed i cedri sembrano quelli che ne hanno risentito maggiormente.
Purtroppo ci siamo trovati di fronte a cedri secchi anche di dimensioni imponenti. In molti parchi o giardini dopo la rimozione dell’albero c’è stato uno sconvolgimento estetico estremamente impattante con una grossa perdita di valore storico e paesaggistico. Un esempio lampante può essere quello della Villa di Torre a Cona situata sulle colline sopra Rignano sull’Arno, in provincia di Firenze.
Nostro malgrado siamo quindi ormai diventati gli autori materiali di un cambiamento paesaggistico al quale mai avremmo voluto assistere. La soddisfazione di riuscire a svolgere un lavoro impeccabile, salvaguardando tutto ciò che non è oggetto di intervento, risulta quindi molto misera e ci lascia comunque con l’amaro in bocca.